Microbiota e influenza: possibili effetti protettivi della flora batterica intestinale

Nutrizionista seduto alla scrivania con il camice
Dott.Pasquale Napolitano

Qualche tempo fa scrissi di alcuni semplici accorgimenti per farci trovare pronti o semplicemente guarire più velocemente dall’ influenza stagionale.

Ad oggi l’influenza stagionale sembra essere passata in secondo piano entrando nell’ ombra del coronavirus COVID-19 che sta rappresentando una vera emergenza sanitaria per il nostro paese.

Da dietista penso che qualcosa si possa fare per fronteggiare gli attacchi di patogeni potenziando per quanto possibile il nostro sistema immunitario, curando l’assunzione di micronutrienti che si sono dimostrati essere attivi sul sistema immunitario.

Il vero problema con i virus, sia che si tratti di influenza che di COVID, sta nella possibilità di sovrainfezioni generalmente batteriche.

Molti batteri infatti possono in alcuni casi approfittare del momentaneo calo delle difese immunitarie, magari perché si sta affrontando un virus, per creare uno stato di malattia agendo da opportunisti.

Microbiota intestinale e superinfezione batterica respiratoria

A tal proposito trovo molto interessante un recente lavoro, dove dei ricercatori francesi hanno ipotizzato che la perturbazione del microbiota intestinale (che ricordo essere l’insieme dei microrganismi presenti nel tratto digestivo) durante l’infezione da virus A influenzale (IAV) possa favorire la superinfezione batterica respiratoria.

E’ stato visto come l’infezione subletale con influenza altera temporaneamente la composizione e l’attività fermentativa del microbiota intestinale nei topi.

Questi cambiamenti sono in parte attribuiti alla riduzione del consumo di cibo ma in parte anche alla qualità e diversità del microbiota antecedente l’infezione.

Esperimenti di trasferimento fecale dimostrano che il microbiota condizionato da IAV compromette le difese polmonari contro l’infezione da pneumococco.

In termini meccanicistici, la ridotta produzione di acidi grassi a catena corta (SCFA) e in particolare dell’acetato, influenza l’attività battericida dei macrofagi alveolari e quindi nel contesto dell’infezione influenzale l’integrazione di acetato riduce, in maniera indipendente dal recettore per gli acidi grassi 2 (FFAR2), le cariche batteriche locali e sistemiche.

Ciò si traduce in una ridotta patologia polmonare e in una migliore percentuale di sopravvivenza dei topi alla doppia infezione.

Microbiota e sistema immunitario

In altri termini, è stata trovata una relazione tra la produzione di acidi grassi a catena corta come l’acetato e il potenziamento o il declino delle capacità di difesa alle sovrainfezioni in corso di influenza.

Questi cambiamenti della produzione di SCFA sono conseguenza di alterazioni del microbiota intestinale in parte derivanti dalla restrizione di cibo che si ha come conseguenza dello stato influenzale ma in parte anche dalla composizione di base del microbiota.

Un microbiota in salute potrebbe, tra le altre cose, migliorare il nostro sistema immunitario soprattutto per quanto riguarda le sovrainfezioni polmonari; aspetto di notevole rilevanza in questo periodo particolare.

Curare ciò che si mangia con la propria dieta assume sempre più un ruolo centrale nella lotta e la prevenzione di molte malattie e quindi non smetterò mai di ripetere che la dieta debba essere impostata da un professionista tralasciando quelli che annunciano teorie strane o prodotti ovvero alimenti miracolosi spesso senza almeno uno studio scientifico di rilievo a supporto di ciò che affermano.

Biglietto da visita della nutrizionista

Articolo a cura di Dott. Pasquale Napolitano

Fonte: https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32130898-gut-dysbiosis-during-influenza-contributes-to-pulmonary-pneumococcal-superinfection-through-altered-short-chain-fatty-acid-production/?from_term=gut+microbiota&from_sort=date&from_pos=2

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