Quando ci si rende conto di avere un problema con il proprio peso, sia che si tratti di un’indicazione di tipo medico sia che lo si guardi da un punto di vista meramente estetico, la prima cosa a cui si pensa è il mettersi a dieta.
I più temerari si avventurano nel fai da te, limitando tutto quello che mangiano di solito o nella moltitudine dei casi eliminando arbitrariamente nutrienti dalla loro dieta.
Abbiamo già parlato dei carboidrati i quali vengono da sempre visti come il male assoluto da chi vuole mantenersi in linea, sebbene non ci sia nessuna prova a favore di tale discriminazione anzi si è dimostrato come sia necessaria la loro introduzione in quantità ben stabilita per mantenere vivo il metabolismo evitando inconvenienti plateu di stallo.
Oggi vediamo perché spesso si fallisce quando ci si mette a dieta. Tutti i motivi di cui parlerò sono in stretta relazione tra loro, oserei dire che siano concatenati e interdipendenti gli uni con gli altri.
Motivi del fallimento di una dieta
Sicuramente tra i motivi del fallimento a farla da padrone c’è l’assenza di motivazione: seguire una dieta, per quanto sia fatta bene e per fatta bene intendo quando il piano guardi anche alla vita sociale del paziente oltre che alle porzioni necessariamente pensate per essere umane e non frazioni di prodotto (es. 50g di yogurt o 40g di carne), richiede un minimo di sacrificio e di organizzazione della propria vita e dei pasti.
Proprio questa organizzazione è la chiave del cambiamento della propria condizione fisica e se questo avviene, con buona probabilità il peso perso non lo si riassumerà più.
E’ vitale, dunque, instaurare un cambiamento dapprima mentale nel paziente e solo dopo passare a qualcosa di più materiale come può esserlo il cibo ed il suo dosaggio.
Bisogna fare capire che “la cosa veloce” non si può fare, non perché si è dei ciarlatani incompetenti anzi tutto l’opposto.
Il professionista competente non prometterà mai cambiamenti ultrarapidi o mai si sbilancerà nel dire che si perderanno sicuramente xy chilogrammi al mese.
Carenza di Motivazione
Qui entra in gioco la motivazione: se c’è questa allora l’organizzarsi nella giornata non pesa perché si ha ben chiaro dove si vuole arrivare, quale sia l’obbiettivo da raggiungere e il come raggiungerlo.
La prima causa di fallimento è dunque la carenza di motivazione, il voler pensare che si possa fare tutto velocemente e senza un minimo di impegno e di sacrificio.
Questa condizione porta inesorabilmente ad un abbandono della dieta e al ritornare alle abitudini di comodo che si aveva e che hanno portato al problema che ha fatto prendere la decisione di mettersi a dieta.
La dieta temporanea
Progredendo nell’analisi del fallimento di una dieta, trova un posto di rilievo assieme a quanto appena detto, il considerare la dieta un periodo transitorio.
Mettersi a dieta non ha alcun senso se si pensa che essa debba avere un inizio e una fine; pensando che il sacrificio, sempre molto relativo, lo si debba fare solo per un periodo di tempo limitato e che subito dopo la scadenza si possa tornare ad essere “liberi”.
Se al ragionamento in termini temporali si associa anche un altro fattore quale la ristrettezza calorica eccessiva, ecco che ci si avvia al fallimento ancor prima che si cominci.
Le diete da fame
A braccetto con la dieta a scadenza ci va sicuramente la dieta da fame, spesso auto costruita o letta sul giornale.
Queste diete non tengono conto di nulla che abbia qualcosa a che fare col concetto di salute e di benessere ma sono molto usate perché causano un rapido deperimento delle masse, il chilogrammi sulla bilancia scendono ma si perde acqua e massa magra con una riduzione della spesa energetica che porta nel tempo alla condizione che si ingrassa pure solo annusando un fritto o un piatto di pasta.
Il sentire la fame è accettato solo perché lo si assume come una terapia farmacologica, si sopporta solo perché si conosce quando tutto terminerà finalmente.
Un altro aspetto di queste diete è la totale impossibilità di coniugarvi una vita sociale dal momento che non è possibile uscire con gli amici o fare qualsiasi attività sociale senza inficiare il “digiuno” autoimposto.
C’è anche una nicchia di miei colleghi che con le diete da fame ci va a braccetto, ma loro lo fanno consapevolmente e per un ritorno personale – non mi vergogno a dirlo – dal momento che se un paziente inizia una dieta da fame, perderà molto peso inizialmente e sarà felice, poi se dovesse lasciare riprenderà tutto il perduto e tornerà in studio.
Questo crea una dipendenza del paziente dal professionista e di certo non crea una educazione alimentare nel soggetto che resterà comunque incapace di gestirsi trovandosi di fronte porzioni sempre più proibitive. Ovvio che togliere calorie è facile e comodo.
La ricomposizione corporea ed un suo studio è un altro paio di maniche che non può fare una macchina ad elettrodi con le sue formulette. E’ necessario capire anche quando si deve prima aumentare per poi togliere.
Inconsapevolezza di ciò che si mangia
Altro punto molto importante è dato dal fatto che quando si consuma un alimento molto spesso non si conosce cosa si stia mangiando e questo porta ad una inconsapevolezza sia della qualità dell’alimento sia delle calorie introdotte.
Moltissimi alimenti sebbene si presentino in piccole porzioni hanno un notevole potere calorico.
Se poi non ci si ferma a considerare solo gli alimenti “solidi” ma si va a considerare anche i liquidi, ecco che l’inconsapevolezza aumenta sempre di più.
Un esempio calzante sono le bevande le quali possono avere molte calorie per bicchiere, tutte apportate da zuccheri (aranciata e affini, bevande energetiche soprattutto).
Altro esempio è la birra che può apportare per una bottiglia da 33cl da 140 a 240kcal, una notevole differenza; una differenza che può essere cruciale per la perdita di peso e la riuscita di una dieta.
Pensare che le leggi della fisica non valgano
Durante le mie visite ne ho sentite di tutti i colori: persone che pensano che l’acqua faccia ingrassare, altre che pensano che a farle ingrassare siano le verdure, altre ancora che affermano di non mangiare nulla ma sono francamente obese.
Bene, le leggi della fisica non si discutono! Se si ingrassa vuol dire che si mangia più del dovuto, se si dimagrisce si mangia meno del dovuto, punto.
Ci sono condizioni patologiche che portano ad un’alterazione del metabolismo e dell’uso dei macronutrienti da parte del corpo, ma sono eccezioni patologiche per l’appunto.
Lo ripeterò a sfinimento: l’ipotiroidismo non fa ingrassare! Si ingrassa se con l’ipotiroidismo si mangia troppo.
Questi sono solo alcuni dei motivi più comuni, ce ne sono molti altri purtroppo.
Ogni persona con un problema col proprio peso necessita di un percorso diverso e personalizzato, soprattutto psicologico prima che pratico e di educazione alimentare.
Qualora dall’inizio ci siano problemi di motivazione o di aspettative magiche è meglio chiarire subito la questione prima di scrivere la dieta che risulterebbe fine a se stessa.
Il professionista non è quello che accetta tutto e tutti promettendo quello che il paziente vuole sentirsi dire.
Spesso e volentieri ci si trova ad essere severi, altre volte molto severi per far capire che si tratta di salute quando si parla di dieta e non di moda o estetica; altre volte è giusto dire al paziente che non si posseggono le qualità e competenze richieste dal caso indirizzandolo ad altro specialista.
Quelli che sanno tutto spesso non sanno niente.
A cura del Dott. Pasquale Napolitano.
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