Clubhouse: il social più esclusivo e voluto di sempre!

Il social network vocale Clubhouse si appresta a diventare il fenomeno del momento: basato completamente sugli audio in diretta, rappresenta qualcosa di inedito online e per questo sta entusiasmando i membri e incuriosendo chi ancora non è iscritto…

Scopriamo insieme i suoi pro e i suoi contro.

Che cos’è e come funziona Clubhouse

Clubhouse è un social network a invito che si sta diffondendo in tutte le cerchie più esclusive (o ritenute tali).

Si tratta di una piattaforma lanciata negli USA e incentrata sulle conversazioni vocali, e inizialmente ha attratto soprattutto le celebrità e gli investitori della Silicon Valley—un aspetto che ne ha inevitabilmente accresciuto la fama.

L’app è divisa in tante chat, al cui interno gli utenti possono intavolare conversazioni del tutto simili a quelle dei podcast.

Qualche utente ospita regolarmente dibatti a cui aderiscono migliaia di persone, ma ci si può collegare anche soltanto per ascoltare, sempre che ci si riesca davvero a entrare.

Iscriversi alla piattaforma, infatti, non è così semplice, o almeno non è semplice quanto per altri social media: come anticipato prima, c’è bisogno di un invito ufficiale e di un dispositivo iOS.

L’analista di Augmentum Fintech Akash Bajwa ha raccontato a Sifted, un sito di notizie legate al mondo delle start-up, che la società madre di Clubhouse, Alpha Exploration, si sta focalizzando sull’espansione del bacino d’utenza in Europa attraverso un sistema d’inviti strategici.

Pare che stia funzionando: al momento della stesura del pezzo, in Italia, Clubhouse è al primo posto tra le app social. Secondo Andrew Chen, partner nella società d’investimento Andreessen Horowitz, che ha una partecipazione nel processo di sviluppo della app, Clubhouse ha già superato i 2 milioni di utenti.

Nel frattempo, su Twitter, potete trovare diversi aspiranti utenti pronti a implorare un invito—e qualcuno su eBay sta persino provando a vendere i propri inviti.

Come ci si iscrive a Clubhouse

L’app simula la struttura di una conversazione che potresti benissimo avere a una festa: entri in una stanza, ascolti e/o parli, e la discussione termina non appena tutti se ne vanno.

Secondo il New York Times, gli influencer che si sono già fatti un nome sulla piattaforma non sono però quelli che potresti aspettarti, visto che molti di loro hanno tra i quaranta e i cinquant’anni.

Oltre a intercettare il crescente mercato degli audiolibri e dei podcast, un’utente ha raccontato poi al Times che Clubhouse l’ha aiutata a fare rete in tempi di COVID, sostituendosi ai convegni per i professionisti.

(Immagine di wired.com)

Perché Clubhouse si può usare solo su iPhone e iPad

Le limitazioni imposte dagli sviluppatori per l’accesso a Clubhouse stanno avendo un ruolo non indifferente nel passaparola che circonda la piattaforma, ma non sono soltanto una mossa di marketing.

Sviluppare un’App per una particolare tipologia di telefono vuol dire poterla ottimizzare senza curarsi da subito di come potrebbe comportarsi su altri dispositivi che montano al loro interno componenti differenti.

Gli iPhone da questo punto di vista sono una garanzia: la componentistica al loro interno varia entro limiti definiti e soprattutto è gestita da un sistema operativo che non è sottoposto alle modifiche di vari produttori come avviene con Android: creare un sistema di comunicazioni in tempo reale senza salti nei collegamenti e dall’audio ben definito è insomma più facile, lavorando su un numero limitato di variabili.

Concentrandosi sugli iPhone gli sviluppatori di Clubhouse hanno inoltre la relativa certezza che tutti gli utenti abbiano installata sul dispositivo l’ultima o una delle ultime versioni del sistema operativo iOS: il sistema di aggiornamenti dei prodotti Apple, per gli stessi motivi elencati sopra, è infatti più efficiente di quello che alla base dell’intera gamma dei dispositivi Android, prodotti e personalizzati da centinaia di costruttori.

La caccia ai bug in un momento cruciale come il lancio sarà dunque meno complessa da portare avanti.

(Immagine di formiche.net)

L’arrivo su Android

Questo non vuol dire che una versione di Clubhouse per Android non arriverà mai; anzi: “Stiamo costruendo Clubhouse per tutti,” recita il sito della compagnia, “non è destinato a essere esclusivo.”

Clubhouse giustifica il suo modello a invito dicendo che permette di “far crescere la comunità lentamente,” invece che in una notte, e che c’è tuttora bisogno di ampliare le funzionalità prima di poter riuscire ad accogliere più persone.

Per crescere e diventare remunerativa la piattaforma ha bisogno dei miliardi di potenziali utenti che preferiscono il sistema operativo Google rispetto a quello realizzato da Apple.

Semplicemente, gli sviluppatori stanno perfezionando il codice base dell’app e dell’infrastruttura sulla quale si basa la piattaforma prima di lanciare il tutto nel più complesso ecosistema di prodotti Android.

Una previsione sulle tempistiche è però impossibile da fare: i fondi ci sono (grazie ai capitali provenienti dagli investitori esterni, Clubhouse è stata recentemente valutata un miliardo di dollari), ma un calendario preciso sul futuro dell’app non è ancora stato reso pubblico.

(Immagine di filmdaily.com)

Le critiche a Clubhouse e la questione della privacy

Nonostante la sua breve vita, l’app si è già imbattuta in varie polemiche.

Alcuni utenti si sono lamentati del fatto che l’approccio permissivo alla moderazione scoraggi donne e minoranze dal dire la propria quando le conversazioni si fanno particolarmente tossiche.

Come riportato da Vanity Fair in un articolo a dicembre 2020, la natura transitoria e solamente audio delle discussioni permette agli utenti di sollevare dubbi pseudo-intellettuali senza lasciare alcuna traccia.

L’app possiede in realtà un meccanismo per segnalare l’ hate speech, ma gli utenti hanno raccontato a Vanity Fair che le politiche sanzionatorie sono torbide e mancano di chiarezza.

Recentemente, l’app ha destato preoccupazione anche sul fronte della sicurezza. Clubhouse chiede agli utenti di condividere il numero di cellulare al momento dell’iscrizione.

In più, bisogna consentire l’accesso all’intera lista dei contatti personali, in maniera da poter invitare altre persone in futuro.

Questo significa che tutti i nostri contatti vengono registrati e archiviati nei server negli Stati Uniti, e significa anche che l’app crea dei cosiddetti “profili ombra” dei nostri amici e della nostra famiglia, anche se questi non sono sull’app—lo stesso vale anche per WhatsApp e Telegram.

Secondo diversi esperti di privacy, questo potrebbe violare il GDPR (General Data Protection and Regulation) europeo.

(Immagine di somagnews.com)

E le conversazioni?

Sulla carta, le chat audio di Clubhouse vengono eliminate una volta che tutti abbandonano la stanza.

Tuttavia, l’informativa sulla privacy aziendale dichiara che le conversazioni vengono automaticamente eliminate se nessuno riporta una “Violazione della Sicurezza e Fiducia” durante la sessione.

Se invece c’è un incidente di qualche tipo, Clubhouse conserva l’audio fino al completamento dell’indagine, e si riserva il diritto di condividerla con le forze dell’ordine in caso di necessità.

L’azienda ha inoltre aggiunto che queste temporanee registrazioni sono protette da crittografia e che l’audio di chi sta soltanto ascoltando la conversazione, o si è silenziato, non viene registrato.

Benché Clubhouse offra interessanti opportunità per tutti creativi interessati all’audio, è difficile sapere se gli utenti rimarranno dopo l’iniziale attrazione, e questo, in parte, dipenderà dalla capacità dell’app a reagire alle richieste (e le critiche) di chi la usa.

Niente testi, foto e video, tutto si basa sulle stanze sonore, così si preserva la privacy. Clubhouse è una piattaforma live, solo audio, dove le persone si riuniscono per discutere una varietà di argomenti.

(Immagine di yourstory.com)

Com’è strutturata al suo interno?

Non ci sono commenti o messaggi scritti: tutta l’interazione è basata sulla voce e nulla viene registrato.

A differenza dei più famosi Facebook, Instagram e Twitter, l’unico contenuto fruibile sono dunque tracce sonore, un enorme contenitore di podcast.

Per aderire bisogna avere almeno 18 anni e possedere un iPhone.

Appena dentro, si arriva in una pagina dove esplorare le diverse stanze create dai contatti. Questa sezione è curata in base agli interessi e alle persone che si seguono, indicate subito dopo la fase di iscrizione.

Ci si unisce poi al pubblico come ascoltatore, con microfono disattivato.

I moderatori della stanza possono intervenire a loro piacimento, così come può farlo ogni partecipante, cliccando l’icona per ‘alzare la mano’, in maniera molto simile a quanto avviene su Zoom, Teams e Meet.

Nonostante i numeri citati dall’azienda, il sistema ad inviti e l’età relativamente giovane dell’app, lanciata ad aprile 2020, la rendono ancora un social network per pochi.

Eppure, promette di eliminare, in partenza, quei problemi di privacy che attanagliano da tempo i colossi del digitale.

Provare per credere

Ideata in piena pandemia da Paul Davison e Rohan Seth, rispettivamente ex dipendenti di Pinterest e di Google, Clubhouse ha ottenuto un finanziamento di circa 100 milioni di dollari dalla società di venture capital Andressen Horowitz, per una valutazione complessiva di oltre 1 miliardo di dollari… sarà una nuova svolta nel mondo dei social?

Potrebbe addirittura compromettere definitivamente il futuro delle radio?

Chi può saperlo, non ci resta che attendere di entrare a far parte di Clubhouse ed immergerci in questa nuova esperienza virtuale per trarne una vera e propria conclusione.

A cura di Laura Imperato

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