Dispersione scolastica: la grave frattura tra giovani e studio

La chiusura prolungata delle scuole in Italia ha alimentato un ampio dibattito, in merito all’opportunità o meno di tale decisione, alle modalità di riapertura, al carico attribuito alle famiglie, alla difficile conciliazione tra famiglia e lavoro, alle strategie di didattica a distanza adottate dalle scuole e alle conseguenze negative, a breve e a lungo termine, sull’apprendimento. Ma nel frattempo, i giovani stanno attraversando dei momenti critici con gravi conseguenze percepibili a lungo o a breve termine: una frattura si interpone fra loro e lo studio e il rischio di dispersione scolastica è altissimo.

(Immagine di cdi.it)

Impreparazione, debiti, connessioni lente o assenti e la fatica a concentrarsi dietro uno schermo: sono questi alcuni dei principali ostacoli che si frappongono fra i giovani studenti e la didattica a distanza.

Da un’indagine condotta Ipsos per Save the Children, su un campione di adolescenti tra i 14 e i 18 anni, emerge un quadro preoccupante: il 28% degli intervistati sostiene che almeno un compagno di classe avrebbe smesso di frequentare le lezioni.

Tra questi stessi studenti, un quarto ritiene che siano addirittura più di 3 i ragazzi che non partecipano più alle lezioni.

La parola ai ragazzi

Il 65% dei giovani è convinto di pagare in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia. Infatti, quello della dispersione scolastica è solo uno dei problemi legati alla DAD che, a quanto pare, ha un impatto negativo anche sulla preparazione.

Più di uno studente su tre (35%) si sente più impreparato rispetto a quando andava a scuola in presenza e il 35% quest’anno deve recuperare più materie dell’anno scorso.

Quasi quattro studenti su dieci dichiarano di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare (37%).

Gli adolescenti dicono di sentirsi:

  • stanchi (31%),
  • incerti (17%),
  • preoccupati (17%),
  • irritabili (16%),
  • ansiosi (15%),
  • disorientati (14%),
  • nervosi (14%),
  • apatici (13%),
  • scoraggiati (13%).

Stanchezza (31%), incertezza (17%) e preoccupazione (17%) sono i principali stati d’animo che hanno dichiarato di vivere gli adolescenti in questo periodo, ma anche disorientamento, apatia, tristezza e solitudine.

Solo un ragazzo su 4 (il 26%) pensa che in futuro le cose “torneranno come prima”, la stessa percentuale ritiene che “continueremo ad avere paura”, mentre il 43% vede l’esperienza che sta vivendo come uno spartiacque che sdogana, anche dopo il vaccino, il fatto che “staremo comunque insieme in modo diverso, più online” (43%).

(Immagine di vanityfair.it)

A chi confidano i loro disagi?

La principale valvola di sfogo in questi casi è rappresentata dalla famiglia, almeno per il 59% degli intervistati.

Il 38% dei giovani invece si confronta con gli amici ma oltre il 20% si tiene per sé questo fardello e non ne parla con nessuno.

In base ai dati raccolti, Save the Children stima che circa 34mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado potrebbero aggiungersi entro fine anno ai dispersi della scuola (che per il Ministero dell’Istruzione si aggirano già attorno ai 112mila).

Quindi se le stime si rivelassero corrette quasi 150mila alunni potrebbero abbandonare gli studi prima di completarli.

(Immagine di invalsiopen.it)

Poca libertà di scelta

C’è un altro aspetto però che dovrebbe far riflettere, i giovani intervistati da Save the Children si sentono esclusi dalle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid, che li hanno visti penalizzati nell’interruzione delle attività scolastiche in presenza:

  • il 65% è convinto di pagare in prima persona per l’incapacità degli adulti di gestire la pandemia,
  • il 43% si sente accusato dagli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio,
  • mentre il 42% ritiene ingiusto che agli adulti sia permesso di andare al lavoro, mentre ai giovani non è permesso di andare a scuola.

Gli adolescenti, pur essendo fra le categorie più danneggiate dal lockdown, sono sempre poco citati e quando vengono nominati spesso è per criticarli perché visti un po’ come dei privilegiati.

Sono stati considerati meno ma sono fra quelli che stanno soffrendo di più questa situazione”.

Elementari e scuole dell’infanzia seppur a singhiozzi hanno potuto mantenere la frequenza scolastica, agli adolescenti invece, che pure sono quelli che avrebbero più bisogno dei compagni, questa possibilità non è stata concessa.

Il compito evolutivo degli adolescenti è quello di transitare dalla famiglia all’autonomia, è in questa fase che il gruppo dei pari ha la funzione di sostituire il vuoto creato dall’assenza dei genitori dai quali si è spinti ad allontanarsi.

In adolescenza la relazione con l’altro è fondamentale

Per gli adolescenti ‘l’altro’ è rappresentato dal gruppo dei pari, dagli amici, dai compagni di classe con cui si discute del mondo, della politica e del futuro.

Tutti aspetti che con la Dad vengono meno o sono resi più difficili.

C’è poi un aspetto che riguarda l’uso del corpo: negli adolescenti la dimensione corporea è centrale, la scuola infatti non è solo il luogo dell’apprendimento ma è anche quello dove si intessono relazioni.

(Immagine di pacinimedicina.it)

Tutte cose che il Covid – e forse anche la poca attenzione alla sfera dell’istruzione- ha sottratto via ai giovani. L’apprendimento, in generale, è un fattore gruppale.

Non è che si impara in modo individuale, la dimensione del gruppo, della classe, è centrale per la creazione di un pensiero.

Imparare in gruppo in presenza per potersi confrontare è una dimensione assolutamente diversa da quella imposta dalla Dad.

Anche nell’apprendimento c’è una dimensione di piacere che viene svilita dalla didattica a distanza. E quest’ultimo è senz’altro un aspetto che emerge con forza dall’inchiesta di Save the Children.

I ragazzi stanno pagando un prezzo altissimo

Purtroppo, i giovani in questa crisi sono stati messi da parte e in più vengono accusati di non avere voglia di far nulla, ma non è così, hanno voglia di andare a scuola e di imparare.

Quando stimolati gli adolescenti mostrano inventiva, sono coraggiosi e sanno elaborare soluzioni.

Forse, l’unica cosa più preoccupante dei giovani è la scarsa propensione a protestare: questo è un aspetto depressivo che può essere sintomo di scarsa speranza nel futuro e di questo dovremmo preoccuparci anche come adulti.

(Immagine di commentimemorabili.it)

Cosa fare per provare a sostenerli?

Dopo mesi di attività online siamo tutti concordi nell’affermare che qualcosa non ha funzionato.

A più riprese, fonti diverse hanno prodotto dati che dimostrano le criticità prodotte dalla Dad. Gli esperti sono stati messi in guardia rispetto agli esiti nefasti che la formazione online ha prodotto e potrebbe continuare a produrre.

Le testimonianze degli insuccessi e delle criticità che i mesi di didattica fuori dalla scuola hanno generato potrebbero facilmente condurci a due conclusioni:

1) occorre fare di tutto per riaprire le scuole e le università, non più solo tecnologie, ma ambienti;

2) la didattica a distanza può essere utile se usata sporadicamente e in via del tutto eccezionale, ma non può rappresentare una prospettiva percorribile in situazioni di normalità.

Sebbene molte siano state le difficoltà e le criticità generate dall’impossibilità di frequentare le lezioni in presenza, è innegabile il ruolo che la Dad ha avuto nel consentire il proseguo dell’anno scolastico e di quello accademico.

Dunque, nel caso in cui la didattica in presenza continui a richiedere l’adozione di soluzioni online sarà indispensabile organizzare l’insegnamento in moduli brevi (20-25 minuti) che permettano sia momenti di riposo (per il docente e per i discenti), sia l’alternanza tra attività differenti (lezione frontale, esercitazioni, dibattiti, ecc).

Soprattutto, a seguito di quanto riportato da Save the Children, urge una maggiore attenzione, cura e considerazione delle situazioni e delle emozioni degli adolescenti.

A cura di Laura Imperato

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