Chiara Ferragni agli Uffizi: lo scandalo solleva un dato sui giovani che fa riflettere

Dopo i post della fashion blogger Chiara Ferragni, all’interno della Galleria fiorentina (per un progetto ancora top secret), il direttore del museo Eike Schmidt annuncia un aumento del 27% di visitatori Under 25 nel weekend: un dato che mette ko qualsiasi tipo di inutile polemica e che solleva un serio spunto di riflessione sui mezzi da utilizzare per catturare l’attenzione dei giovani e trasformarla in un interesse costruttivo.

Come sono nate le polemiche su Chiara Ferragni

Lo “scandalo” che ha indignato il pubblico d’élite appassionato dei musei, alcuni tuttologi e giornalisti vede protagonista la rinomata imprenditrice digitale Chiara Ferragni, la quale insieme a Vogue HongKong e ad un’associazione no-profit per la salvaguardia dei beni culturali, ha partecipato ad un servizio fotografico e successivamente ha deciso di visitare gli Uffizi.

Ad accompagnarla nel tour del museo, dispensando laddove necessarie spiegazioni e consigli, è stato Eike Schmidt, direttore della struttura.

L’uomo ha raccontato come la Ferragni sia rimasta incantata dal Botticelli, non soltanto per la Venere e la Primavera, ma per Le storie di Giuditta e L’adorazione dei Magi, dipinto nel quale è contenuto un autoritratto dell’artista.

Al termine della giornata in compagnia di Chiara spunta una caption sul profilo Instagram ufficiale degli Uffizi:

«I canoni estetici cambiano nel corso dei secoli. L’ideale femminile della donna con i capelli biondi e la pelle diafana è un tipico ideale in voga nel Rinascimento. Magistralmente espresso alla fine del ’400 da Sandro Botticelli nella Nascita di Venere attraverso il volto probabilmente identificato, con quello della bellissima Simonetta Vespucci, sua contemporanea. Una nobildonna di origine genovese, amata da Giuliano de’ Medici, fratello minore di Lorenzo il Magnifico e idolatrata da Sandro Botticelli, tanto da diventarne sua Musa ispiratrice. Ai giorni nostri l’italiana Chiara Ferragni, nata a Cremona, incarna un mito per milioni di followers, una sorta di divinità contemporanea nell’era dei social».

Ed è subito polemica.

Al di là del paragone estremo fatto tra le due figure, pare che il problema e le indignazioni siano dovute allo shooting realizzato nella galleria fiorentina. Tale progetto “deturperebbe” il volto reale dell’arte e il ruolo indiscusso dei musei, che non dovrebbero mettere a disposizione il patrimonio culturale per simili eventi, solo per catturare fama.

(immagine di instagram.com)

I fatti parlano chiaro

C’è da dire che non è né la prima né l’ultima volta che i musei accolgono progetti del genere ed organizzano eventi con dj set. Inoltre musei come gli Uffizi e il Vaticano (altro luogo frequentato precedentemente dalla Ferragni) non hanno certamente bisogno di un’influencer per la notorietà che già posseggono.

Ma ecco che le polemiche sono state spente ulteriormente con un dato schiacciante; il quale non solo ha finalmente messo a tacere tutti, ma ha sollevato un dato ben più grande sul quale ciascuno dovrebbe riflettere: nel week-end c’è stato un aumento del 27% di visitatori Under 25. Un dato mai verificatosi prima, che fa pensare molto sul perché c’era bisogno di Chiara Ferragni per raggiungerlo.

Forse i giovani non sono spronati nel modo giusto alla curiosità? Forse vanno rivalutati i mezzi per nutrire nei giovani la passione e la cura per i patrimoni italiani che un domani avranno nelle loro mani?

Qualche numero

Dai risultati delle indagini Istat degli ultimi anni, le istituzioni culturali italiane hanno aumentato notevolmente il loro pubblico, arrivando a toccare quasi i 120 milioni di ingressi nel 2017, soprattutto grazie al grande afflusso nelle aree archeologiche (primeggiano Colosseo-Fori romani e scavi di Pompei).

Leggendo meglio i dati dell’Istat, il Ministero ha potuto notare come il pubblico “della cultura” sia costituito in buona parte da turisti stranieri, e come i giovani italiani spesso “si interessino” all’arte e alla cultura solo se accompagnati da genitori, insegnanti e scuole.

Generalmente tutti i musei d’arte organizzano workshop, attività ludiche e seminari per poter avvicinare le scolaresche e i giovani all’arte, soprattutto quella contemporanea.

(immagine di guidatorino.com)

Ma se poi i giovanissimi vanno al museo solo perché “obbligati”, non dovremmo chiederci se si stia percorrendo la giusta strada?

Negli ultimi anni si sta assistendo a un “ringiovanimento” delle attività dei musei d’arte per fare in modo che gli studenti e gli under 25 si avvicinino al mondo dell’arte contemporanea.

Le iniziative spaziano da serate con djset al museo, mostre interattive e laboratori manuali con cui si spera di appassionare il pubblico più acerbo.
Ma perché poi, quando sono liberi di scegliere, gli under 18 (ma anche i più grandi) preferiscono sempre fare altro?

3 possibili motivi (e spunti di riflessione)

1. L’insegnamento dell’arte nelle scuole

Quando si pensa ad arte e giovani, la prima domanda che ci si pone è se la scuola stia facendo tutto il possibile per fare interessare a una disciplina così articolata come l’arte. Gli studenti sono il futuro, di qualsiasi paese.

E se non riuscissero a capire l’importanza dei musei, cosa potrebbe accadere? La maggior parte dei professori non si inoltra nella spiegazione della vita e della spiritualità degli artisti. Quasi nessuno fa capire agli studenti che l’arte è frutto del suo tempo perché arte e storia camminano totalmente scollegate nel percorso di studi.

(immagine di amicideimuseidiverona.it)

2. Marketing e comunicazione inefficaci

Notoriamente i musei italiani sono ancora alquanto in difficoltà nella comunicazione sui social network e questo sì che è un problema oggi, come si è potuto verificare nei mesi di chiusura per l’emergenza Covid, quando c’è stata una rapida, generosa ma ancora improvvisata iperproduzione di contenuti digitali, che ha mostrato tutte le potenzialità -ma anche tutto il nostro ritardo- in questo campo.

Certo, non è cosa facile amministrare un museo, specialmente in Italia. I costi sono elevatissimi, e in buona parte destinati a coprire i loro inevitabili costi di conservazione e assicurare un lungo futuro a ciò che custodiscono.

Ma gli investimenti in comunicazione dovrebbero comunque, in un modo o nell’ altro, essere incrementati. Basti pensare che nelle grandi città italiane nemmeno i residenti visitano i “loro” musei, perché spesso ignari di cosa questi esibiscano, delle iniziative e delle mostre in corso.

3. L’arte è una cosa inutile e noiosa

In un periodo in cui il liceo classico perde sempre più iscritti, e le tre facoltà più in voga sono economia, ingegneria e giurisprudenza, è pensabile che i giovani e gli studenti vogliano un futuro più certo, interessandosi a quanto di più sicuro possibile.

L’arte viene sempre più vista come qualcosa di superfluo, con cui “non si può mangiare”, con cui non è possibile vivere. Di conseguenza non ci si interessa più all’arte, vista come percorso troppo distante dall’ affermazione individuale ed economica.

(immagine di finestresullarte.info)

Il punto non è che abbiamo bisogno di Chiara Ferragni per far accorrere i giovani al museo, ma abbiamo bisogno di inquadrare gli strumenti adatti per catturare il loro interesse verso qualcosa che un giorno sarà totalmente nelle loro mani.

La sfida delle istituzioni

La sfida delle istituzioni culturali italiane dovrebbe dunque focalizzarsi su due obiettivi:

1. Avvicinare i giovani al museo e farli appassionare in modo autonomo al mondo dell’arte.

2. Far preferire ai giovani una visita a una mostra piuttosto che l’ennesima giornata al centro commerciale.

Forse sarà il connubio di queste due missioni che porterà in futuro una più ampia fetta dei giovani italiani a visitare un museo più di una volta l’anno.

E questo non può che essere considerato un obiettivo di primaria importanza per il paese, anche se questo comporterà coinvolgere figure del calibro di Chiara Ferragni

A cura di Laura Imperato

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