Si torna a parlare della possibilità di una patrimoniale o addirittura di un prelievo forzoso sui conti correnti dei cittadini per trovare i soldi necessari e portare l’Italia fuori dalla crisi dettata dal coronavirus.
Come accade in ogni periodo di crisi in Italia, si torna a parlare di patrimoniale, una tassa che andrebbe a raccogliere liquidità direttamente dai soldi dei cittadini.
Così il Governo riuscirebbe a trovare i fondi tanto necessari per gestire l’emergenza e la crisi legata al coronavirus.
Una tassa che, (nell’ eventualità che si concretizzi) potrebbe anche trasformarsi in un prelievo forzoso per garantire un’operazione più rapida – che va a toccare conti correnti, investimenti e immobili di chi viene ritenuto “ricco”, privati o imprese, ma che, a seconda di come verrebbe gestita, potrebbe colpire anche chi così ricco non è.
Non sempre, infatti, avere una casa di proprietà e qualche investimento è sinonimo di ricchezza.
L’aiuto da parte dell’Europa tarda ad arrivare. Nulla si sa ancora sulla possibilità di attivare un MES in forma edulcorata o sull’eventualità di emettere eurobond, così da trovare fresca liquidità da destinare ai Paesi più in difficoltà a causa coronavirus, come l’Italia.
Il nostro Paese necessita di decine di miliardi di euro per sostenere cittadini, famiglie, imprese in difficoltà, far fronte al picco di nuovi disoccupati e nuovi poveri causati dalla pandemia, nonché per finanziare il sistema sanitario, ormai allo stremo delle forze.
Cos’è una tassa patrimoniale?
Si tratta di una tassa applicata sui beni immobili e quelli mobili. A differenza delle tasse sul reddito come l’IRPEF, che molti italiani già conoscono bene, una tassa patrimoniale, per sua natura, agisce su chi possiede qualcosa: soldi, case, auto e così via.
Il ragionamento seguito è molto semplice, quanto ricco di insidie: succede che chi non ha niente sulla carta sia in realtà molto più ricco di chi ha una casa di proprietà. Una dura conseguenza dell’evasione fiscale.
Quali sono i patrimoni che vengono colpiti dalla tassa patrimoniale? Conti correnti e di deposito, immobili, ma anche investimenti in azioni e obbligazioni, in fondi comuni di investimento e in certificati.
I precedenti storici del prelievo forzoso in Italia
Correva l’anno 1992 quando ci fu l’ultimo episodio di imposta patrimoniale in Italia.
A quel tempo il governo di Giuliano Amato, al suo primo mandato, prese la storica decisione, considerato il crollo della lira e la drammatica emergenza della finanza pubblica, di applicare una patrimoniale del sei per mille (0,60%) su tutti i capitali detenuti dagli italiani sui conti correnti.
Il decreto fu attuato nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1992.
In quel caso si optò per questa soluzione e non per la svalutazione, che poteva sembrare la via più facile, perché l’Italia aveva già un debito pubblico troppo elevato e un ulteriore indebolimento della lira avrebbe creato ancora maggiori problemi alle finanze pubbliche rischiando di condurre il paese in un tunnel senza uscita.
Giuliano Amato, allora presidente del consiglio, giustificò questa manovra data la situazione di drammatica finanzia pubblica che si stava vivendo in quegli anni poiché la lira era vittima di un vero e proprio attacco speculativo.
Le cose, tuttavia, non andarono come Amato e i suoi collaboratori avevano osato sperare; nonostante la legge finanziaria di luglio, al cui interno era compresa questa tassa patrimoniale, portò nelle casse statali circa centomila miliardi di lire.
La Lira, dovette comunque uscire dal Sistema Monetario Europeo. Venne allora nominato Carlo Azeglio Ciampi, ai tempi governatore della Banca d’Italia, a capo di un governo tecnico per far uscire l’Italia dalla crisi.
Contro questa decisione unilaterale del governo il correntista privato non ha in realtà nessuna possibilità di opporsi.
Questo perché il governo al momento dell’annuncio pubblico prende anche dovute contromisure per fare sì che non possano essere prelevate somme in tempo dai conti correnti.
Ecco come evitarla legalmente
In particolare la patrimoniale può colpire, le obbligazioni private; azioni e partecipazioni; fondi comuni; depositi e conti correnti; certificati; immobili.
Cosa non può colpire?
- Le forme di previdenza complementare come le polizze vita, i piani pensionistici o altre forme di accantonamento, perché non sono soldi nella immediata disponibilità dei titolari del contratto.
- Diversificare su investimenti all’estero, oppure su beni non aggredibili dalla patrimoniale, come le forme di risparmio previdenziale complementare a cui si faceva riferimento sopra. Le polizze vita, i piani pensionistici o altre forme di accantonamento non sono per loro natura aggredibili da una tassa patrimoniale.
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Articolo a cura di Vincenzo Balzano
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