Gentilezza ai tempi del COVID-19

C’è un virus di cui tutti parlano e che segnalano come Covid-19 e c’è un’altra cosa, ma non ne parla nessuno. Una conseguenza, quasi invisibile, proprio come il virus: la gentilezza.

Anche lei, se così si può dire, una conseguenza del virus.

In questi giorni appare e scompare in gesti impercettibili, in sfumature di cura verso chi può starci accanto (i nostri familiari) oppure un’attenzione verso qualcuno che sta entrando al supermercato, un sorriso cortese in più, piccoli gesti o atteggiamenti che portano scritto addosso, come un tatuaggio invisibile che ci tocca vivere questa situazione e che bisogna almeno trattarsi bene.

Come se lo tsunami di senso di fragilità che ha investito il mondo avesse ridestato qualcosa di profondo, di propriamente nostro e nascosto.

Quella gentilezza che segnala tirando le somme la nostra natura cosa sia. Orrore, sì, ma anche propensione all’aiuto reciproco. Un primissimo segno fragile, ma incancellabile.

La nostra gentilezza è qualcosa di discreto, che se ne sta spesso e volentieri nascosto e a volte ci vogliono dei veri tsunami perché venga esposta.

Ma quando accade, se si hanno gli occhi per vederla, per notarne le mosse rapide e semplici, è lo spettacolo più bello e meno scontato tra tutte le scene che si vedono in casi come questi.

E di scene ne abbiamo viste in questi giorni!

Le origini

Ma da dove viene la gentilezza? Di quale forziere nascosto si tratta? Perché esce fuori in giorni si potrebbe essere solo arrabbiati e scontenti?

Anche Dante si domandava da dove provenisse la gentilezza e capì che viene da dentro, da una disposizione interiore, da qualcosa che è naturale in noi, ma se non la coltivi diminuisce, si sclerotizza, muore.

Ma la gentilezza che esce fuori è anche il risultato del destino che ti lascia un segno

Quando il Destino lascia un segno in chi ce l’ha dentro coltivata, la gentilezza emerge. Anche se non tutti la coltivano, sicuramente qualche traccia dentro c’è, senza sapere però bene cosa sia né da dove venga questa cosa bella che illumina i giorni dell’ansia.

Intanto però lei, la gentilezza un po’ nascosta, si mostra in queste ore e in popolazioni che di solito vengono dipinte come rudi e un po’ rapaci. Esiste una gentilezza che ha accenti diversi ma occhi simili.

C’è una gentilezza veneta, una lombarda e una emilianoromagnola. Si potrebbe dire che insegue e fronteggia il virus, e -anche se così piccola ed invisibile- si oppone alla possibile disgregazione del Paese.

(Immagine di letiziaspanoli.com)

Dalla cattedra ai fornelli

È il caso di prendere in considerazione la storia di Pina Fimiani, insegnante con una grande passione per la cucina, che si è chiesta come potesse aiutare medici ed infermieri dell’ospedale di Cuneo, esasperati dal duro lavoro di questi giorni e così ha deciso di cucinare per loro, portando dei pasti caldi e rifocillanti. Insieme all’aiuto di altri docenti ha fornito loro persino caffè, zucchero e snack.

«Un pensiero che mi è venuto dal cuore, ho un’enorme gratitudine nei loro confronti, aiutarli è un atto dovuto – aggiunge -. Ho voluto fare un semplice gesto e non pensavo che avrebbe avuto tutta questa risonanza. In portineria mi chiedono sempre da parte di chi? Rispondo semplicemente da parte di un cittadino».

(Immagine di infocilento.it)

Il paniere della solidarietà

E poi c’è la gentilezza del sud Italia, quella che tutti noi conosciamo essere insita negli uomini di queste terre, come se fosse una caratteristica universale del nostro patrimonio genetico.

A Napoli, si sa, siamo sempre “speciali” e con un grande cuore. Non sarebbe potuto essere il contrario in tempi di pandemia, quando tutto sembra perso, quando i dati sui contagi avviliscono la popolazione e il futuro appare inafferrabile.

Così, nei vicoli e nelle strade del centro storico, sono spuntati panieri di vimini con una famosa frase di San Giuseppe Moscati.

Un’iniziativa che spinge i passanti alla solidarietà verso il prossimo e in particolare verso i più bisognosi in questo difficile momento dovuto all’emergenza Covid-19.

Nei panieri penzolanti dai balconi qualcuno ha infatti deciso di attaccare un foglio bianco con la scritta “Chi può metta, chi non può prenda”. Una famosa citazione presente attualmente nello studio di Moscati, dove c’è un cappello capovolto con un biglietto e con su scritto “Chi può lasci, chi non può prenda”.

Un messaggio di profonda sensibilità e gentilezza umana che il medico rivolgeva a coloro che potevano pagare la visita e anziché dare quei soldi allo specialista, li donavano a chi non poteva permettersi le medicine.

Un bel messaggio di generosità che in questi giorni si sta diffondendo con tante iniziative da una zona all’altra della città, a sostegno di poveri, senzatetto e nuclei familiari indigenti, tra i più colpiti dagli effetti del Coronavirus.

(Immagine di ilmattino.it)

La gentilezza italiana (tutta, da nord a sud) salverà l’Italia, i poeti lo hanno sempre saputo. Ma ora va detto forte.

A cura di Laura Imperato

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