GUERRA COMMERCIALE: IMPATTO MONDIALE, A FARNE LE SPESE ANCHE E SOPRATTUTTO L’ ITALIA

Sono Vincenzo Balzano, Ispettore Principale, Consulente Finanziario e Assicurativo per Alleanza Assicurazione Spa

Non è una notizia positiva per la fiducia delle imprese e le loro decisioni d’investimento il pericolo (per ora) che la decisione del Wto di consentire agli Stati Uniti di imporre tariffe su beni importati dall’Europa per un valore di 7,5 miliardi di dollari (l’ 1,5% dell’export 2018) diventi nei prossimi mesi una realtà.

Tutto questo, per altro, avviene in un contesto dove il negoziato sul commercio US-Europa riguardanti beni industriali è di fatto bloccato.

Un aumento delle frizioni sui temi commerciali tra Europa e Stati Uniti è inevitabile proprio perché al contrario di quanto accaduto in Giappone l’Europa sembra più restia ad aprire il mercato domestico alle importazioni di prodotti agricoli americani in cambio di un allentamento sulle tariffe sulle auto europee.

bandiera Europa-Stati Uniti

Con un’economia globale già in decelerazione soprattutto per quanto concerne l’attività manifatturiera, la possibili restrizioni commerciali tra due fra le più grandi economie globali rallenterà ulteriormente l’attività economica e smorzerà la fiducia degli investitori, e propri sugli impatti a breve insegna già qualcosa la guerra commerciale tra ??Usa e China??.

??Per l’Italia questa situazione è doppiamente preoccupante in quanto non solo si contrae l’export extra- europeo ma scende anche la domanda da parte dei clienti europei, che rappresentano, Germania in testa, il mercato di sbocco di molte aziende.

La soluzione di alcuni rischi politici sarà cruciale per le performance dell’area Europa, il mercato europeo è molto sensibile alle sorprese economiche che hanno rappresentato un freno per la fiducia nei mesi estivi.

Di conseguenza, per far sì che il mercato azionario consegua guadagni significativi partendo dai livelli attuali, è necessaria una soluzione dei due eventi avversi che hanno peggiorato lo scenario, vale a dire le tensioni della guerra commerciale e la Brexit.

Vino, olio, salumi e Parmigiano sono salvi

Vini italiani

Vino, olio, salumi e parmigiano sono salvi. Però nella rete dei dazi americani in partenza il 18 ottobre – a meno di annullamenti o compromessi – restano impigliati i liquori, il pecorino, le pesche (escluse le nettarine), le clementine, il burro e i derivati del latte, le cozze, le salsicce.

Questo elenco non è esauriente, ma la lista dei prodotti pubblicata dall’amministrazione Usa è talmente dettagliata che non è semplice capire quale pezzo del maiale o quale succo di frutta costerà caro negli Stati Uniti, se non si è operatori dell’industria alimentare.

È evidente che le aziende più penalizzate sarebbero quelle delle eccellenze italiane, le piccole e medie imprese non quotate che fanno gran parte del Pil tricolore.

Chiaramente tutto questo si propagherebbe all’intera economia italiana perché I dazi toccano tutto il tessuto economico italiano, visto che l’Italia è il secondo esporta- tore in Europa, dopo la Germania.

Per fare un esempio, i dazi americani non hanno colpito di fatto il settore auto. Fiat, tra l’altro, produce an che negli Stati Uniti.

Però le aziende che operano nell’indotto, come Brembo o Sogefi, hanno sofferto per i timori dei dazi, oltre che per una domanda incerta sulla tecnologia a motore da scegliere.

In generale, sono aziende non coinvolte direttamente nella disputa commerciale tra Stati Uniti ed Europa.

Tuttavia, sono molto vulnerabili alle tensioni internazionali e alle loro conseguenze: l’economia italiana è già al limite di tenuta, le previsioni di crescita tracciano una linea piatta per i prossimi mesi e un avvitamento tra timori per i dazi, rinvio degli investimenti e dei consumi e peggioramento del ciclo globale non farebbe che appesantire il carico sui fatturati.

Per difendersi non si deve confrontare tout- court il rendimento tra azioni e obbligazioni, perché ogni titolo ha il suo rischio e le azioni non hanno un rimborso prefissato,però il divario non è mai stato così ampio e infatti i fondi infrastrutturali vanno di moda, perché puntano agli investimenti pubblici richiesti a gran voce dall’Europa.

BREXIT: CI SARÀ LA RICONCILIAZIONE? I MERCATI LO SPERANO

Sul fronte londinese ?? La borsa inglese da gennaio è salita molto meno degli altri listini del Vecchio continente.

Il Ftse 100 di Londra ha guadagnato il 6% contro una media del 12% delle azioni eu- ropee dello Stoxx 600, il +17% del Ftse Mib di Milano e il +15% del Dax di Francoforte.

Al netto della tara delle singole storie aziendali, emerge una tendenza generale nell’atteggiamento degli investitori.

Infatti, tra i titoli migliori ci sono quelli di società che hanno una spiccata vocazione internazionale e quindi sono più vulnerabili alle vicende globali che alla Brexit.

Sono, per esempio, aziende tecnologiche o industriali. Viceversa, a patire di più sono stati i titoli legati all’economia domestica, quelli che dipen dono dai consumi come le catene di grandi magazzini, le aziende di pubblici servizi o gli immobiliari.

In realtà, il Pil del Regno Unito è quasi invidiabile perché, sebbene nel secondo trimestre sia sceso (con l’av- vicinarsi di un divorzio al buio), su base annua è a +1,3% e i salari aumentano al ritmo del 4% annuo.

Tuttavia, a meno di tre settimane dall’uscita programmata per fine ottobre, la visibilità sul futuro dell’Inghilterra è avvolta nella nebbia e altrettanta incertezza aleggia sulla City.

Al momento, l’ipotesi più probabile è una richiesta di estensione del periodo di preparazione all’uscita da parte del Parlamento inglese che de- ve essere accettata dalla Commissione europea.

A meno di colpi di scena, i parlamentari inglesi si riuniranno il prossimo sabato (è la prima volta di un’assise non feriale) per votare un accordo di uscita o un’altra strategia.

L’estensione aprirebbe un altro bivio tra un brutto addio e la riconciliazione.

È possibile che l’opposizione ponga la fiducia al Governo per poter andare alle elezioni. Un successo dei liberali favorirebbe la permanenza in Europa, mentre i laburisti premerebbero per un secondo referendum.

TITOLI TOP ✅

Effervescente Iervolino Entertainment, che archivia la seduta con una performance decisamente positiva del 17,19%. L’esordio è stato molto positivo per il titolo che ha avviato la seduta a 2,66 Euro collocandosi oltre il livello migliore della vigilia, per poi migliorare progressivamente nel corso della giornata e terminare in ascesa a 3 vicino ai massimi intraday.

Andamento azioni Iervolino Entertainment (grafico da www.borsaitaliana.it)

Se si confronta l’andamento del titolo con l’indice FTSE MIB, su base settimanale, Iervolino Entertainment mantiene forza relativa positiva rispetto all’indice, dimostrando un maggior apprezzamento da parte degli investitori rispetto all’indice stesso (performance settimanale +17,65%, rispetto a +3,24% del principale indice della Borsa di Milano).

Brillante rialzo per SAP, che lievita in modo prepotente archiviando la sessione con un guadagno del 9,02%. Nella giornata abbiamo assistito ad un avvio con forza ed apertura a 112,8 Euro sopra i massimi della seduta precedente, con rafforzamento delle quotazioni nel corso della sessione.

Andamento azioni SAP (grafico da www.borsaitaliana.it)

L’analisi del titolo eseguita su base settimanale mette in evidenza la trendline rialzista di SAP più pronunciata rispetto all’andamento dell’indice di riferimento. Ciò esprime la maggiore appetibilità verso il titolo da parte del mercato.

TITOLI FLOP ❌

Prepotente rialzo per Uniper, che archivia la sessione con una salita bruciante del 9,85% sui valori precedenti. L’inizio di giornata è stato buono per il titolo che ha mostrato un primo valore di 29,99 Euro inferiore al prezzo più alto della vigilia, per poi perdere forza nell’arco della riunione e terminare a 29,78 attorno al valore inferiore della seduta.

Sottotono Ki Group, che chiude la seduta con un calo dell’1,12%. L’avvio di sessione è stato debole per il titolo che dopo aver aperto a 0,86 Euro, sotto i minimi della sessione precedente, si è rafforzato nel corso della seduta ed ha proposto sul finale un lieve miglioramento chiudendo a 0,885 in prossimità dei massimi della giornata.

Andamento azioni Ki Group (grafico da www.borsaitaliana.it)

L’analisi settimanale del titolo rispetto al FTSE MIB mostra un cedimento rispetto all’indice in termini di forza relativa di Ki Group, che fa peggio del mercato di riferimento.

Articolo a cura di Vincenzo Balzano

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