È sempre più comune questo fenomeno che vede come protagonisti i giovani laureati della generazione Z, i quali stanno perdendo interesse per le carriere all’estero e sono meno disposti a lavorare in giro per il mondo.
Non si tratta affatto di pigrizia, ma del sogno di mettere radici in maniera indipendente e desiderano lavori più stabili anche a costo di fare meno carriera nel loro paese, laddove è possibile.
Chi sono i giovani di questa nuova controtendenza
Sono i ragazzi della generazione Z (quelli nati tra il 1995 e il 2012) e sono i più connessi e più attenti all’ambiente e ai temi sociali, oltre che al benessere psicofisico.
Quelli cresciuti nel pieno boom di Internet, abituati al multitasking e all’uso simultaneo di diversi dispositivi, ancora più interconnessi dei Millennials.
Si tratta di un esercito di ragazzi (circa 2 miliardi in tutto il mondo) che nel 2025 costituiranno oltre il 30% della forza lavoro. Sono loro i talenti del futuro che stanno rivoluzionando anche l’approccio che le aziende utilizzano per coinvolgerli.
Costoro stanno o hanno già frequentato percorsi di studi molto gettonati all’estero, ma scelgono di rientrare nel loro paese per lavorare e trascorrere il resto della loro vita.
Perché decidono di studiare all’estero se sono legati alle loro radici?
I ragazzi americani, cinesi ed europei, italiani inclusi, hanno uno spiccato desiderio di stabilità e sono meno disposti a vivere e a lavorare lontani dal proprio paese, ma più propensi nel mettersi alla prova per diventare imprenditori di sé stessi.
Perciò scelgono di intraprendere gli studi all’estero, laurearsi ed acquisendo nuove skills (che magari non avrebbero potuto assumere nel loro paese) per poi rientrare ed applicare queste nuove abilità.
Le mete estere che scelgono per intraprendere gli studi
Secondo le statistiche Unesco, le mete più gettonate scelte dagli studenti di tutto il mondo sono:
- Regno Unito;
- Austria;
- Francia, Spagna, Germania, Svizzera per approfondire e migliorare una seconda lingua straniera;
- Stati Uniti, molto amato dagli studenti per conseguire un master o un MBA;
- Danimarca e Olanda dove le tasse universitarie sono abbastanza accessibili;
- Cina che sta diventando di tendenza soprattutto per gli studenti italiani.
La situazione per la generazione Z italiana
Dunque, per tutte le motivazioni precedenti, coltivare le potenzialità dei giovani dovrebbe rappresentare un’importante leva per evitare un esodo di talenti all’estero, ma in Italia purtroppo non è ancora completamente possibile: infatti, ben 28mila laureati italiani nel 2017 hanno abbandonato il Paese, ad essi si sono aggiunti 33mila diplomati 25enni.
Una scelta fatta da oltre 244mila giovani negli ultimi 5 anni, di cui il 64% con un titolo di studio medio-alto.
Una fuga che solo in parte possiamo giustificare per la poca capacità delle aziende ad attrarre giovani. Molto è invece dovuto a un mercato del lavoro ingessato e ai bassi salari italiani.
Cosa fare per aiutare i giovani a restare
Cosa andrebbe fatto per assecondare il sogno di restare nel proprio paese? Prima di tutto ascoltare i loro bisogni.
Si dovrebbe sostenere l’ambizione della Generazione Z di lavorare e vivere a un ritmo veloce, senza trascurare il benessere perché il 94% dei giovani sostiene che il benessere psicofisico è tra i fattori più importanti.
Inoltre le aziende dovrebbero favorire l’integrazione tra Generazione Z e Millennials, dato che il 77% degli appartenenti alla Generazione Z desidera ricevere consigli lavorativi da manager Millennials piuttosto che dai sessantenni, favorirne la comunicazione.
Bisognerebbe infine dare spazio a percorsi di formazione; promuovere un miglior equilibrio vita-lavoro; offrire dei benefici che permettano di affrontare le condizioni di stress quotidiano garantendo una maggiore serenità in ambito lavorativo.
Consigli che certo da soli non basteranno per fermare la fuga all’estero dei giovani, in particolare degli italiani, ma è già importante sapere che la Generazione Z è propensa a restare offrendo le proprie capacità, dunque questo potrebbe rappresentare un buon monito per cominciare a rimboccarsi le maniche.
A cura di Laura Imperato.