Un anno è trascorso dalla collettiva ed orrorifica presa di coscienza del fatto che la vita sinora rappresentata soltanto nei film catastrofici, sarebbe diventata la nostra quotidianità in questa pandemia.
E’ ironico e alquanto inquietante pensare che così come tutti ricordiamo esattamente cosa stavamo facendo durante l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 Settembre, ricorderemo sempre cosa stavamo facendo quando è stato annunciato il primo lockdown dell’era moderna.
Perché il Covid 19 ha davvero cambiato per sempre il mondo così come lo conoscevamo e, che si voglia ammetterlo oppure no, ha cambiato tutti noi.
Cosa resterà, dunque quando il virus sarà debellato? Cosa ne sarà della generazione della Pandemia? Sapremo tornare come eravamo? Ma soprattutto, vorremo farlo?
Perché nell’ultimo anno abbiamo dovuto fare i conti con nuove terminologie mediche, sconosciute tecniche scientifiche, rassicuranti (?) figure professionali (è sconvolgente apprendere quanti virologi abbiamo in questo Paese, ed io che pensavo fossero gli avvocati ad essere troppi!), strategie di contenimento del virus, diverse abitudini quotidiane.
Abbiamo dovuto adattarci, scendere a compromessi, comprimere la nostra libertà (fosse anche soltanto potenziale), rinunciare a fare cose e vedere persone, cambiare il nostro modo di apparire e mostrarci agli altri. Ma questo è davvero il minimo.
Qualcuno ha dovuto fare i conti con la morte. Altri hanno dovuto provare sofferenze che mai avrebbe patito se non fosse stato per il virus. Qualcuno è stato costretto in casa con il suo peggior nemico o con il suo aguzzino. Molti hanno perso il lavoro. Qualcuno ha dovuto vivere tutto ciò senza neanche gli agi della vita moderna, o semplicemente senza avere una casa abbastanza grande da rendere sopportabile la convivenza forzata.
Gli ultimi sono diventati “ancora più ultimi”.
E non è ancora finita.
Eh si, perché non c’è bisogno che ce lo dica l’infermiera salita sul palco dell’Ariston la prima serata del Festival di Sanremo 2021, lo sappiamo anche da soli che non è finita e non dobbiamo abbassare la guardia.
Ma, oltre ad aver lasciato tanti posti vuoti alle tavole di numerose famiglie, quali altre e profonde ferite la pandemia lascerà sulla nostra psiche, nella nostra anima?
Siate sinceri, alla luce delle più basilari regole sanitarie, entrereste mai più in un ospedale senza una mascherina, quantomeno chirurgica? Andreste più a trovare persone ricoverate in reparti oncologici, con basse difese immunitarie o neo mamme, senza dispositivi medici adeguati? Accettereste di prendere tra le braccia un neonato e magari di avvicinare il vostro viso al suo, senza cautele? Io francamente no.
Permetterete, in futuro, che le persone in fila dietro di voi vi stiano addosso appiccicati senza rispetto per la vostra persona e per il vostro spazio vitale? Assolutamente no.
Poggerete ancora le mani su qualsiasi superficie (carrozze della Vesuviana comprese) e poi ve le passerete con nonchalance accanto all’angolo degli occhi o, peggio, le metterete in bocca per mordicchiare nervosamente pellicine ed unghie? Spero proprio di no.
Quanto sarà difficile, per i bambini dell’era della pandemia, riprendere i ritmi di vita piena ed attiva ai quali erano abituati?
Quanti rapporti interpresonali sono stati compromessi, perché magari persone che credevate di conoscere bene, si sono rivelate irrispettose nei confronti della legge, negazioniste, complottiste, ostili alla scienza o addirittura novax?
Quanti di noi soffrono ormai di disturbi del sonno o di un’ansia quasi irrazionale, istintiva e che si è radicata a fondo nelle nostre insicurezze, nutrendosi dell’incertezza del futuro?
Non tutto è negativo
Se, da un lato, la pandemia ci ha costretto a chiuderci a riccio e a stare distanti, ad agire quasi con diffidenza, dall’altro ha costretto ad uscire “allo scoperto” tantissime persone profondamente egoiste e superficiali o che, semplicemente, indossavano una “maschera” anche prima del Covid.
Da inguaribile ottimista, però, preferisco abbracciare la filosofia della Pollyanna di Eleanor Hodgman Porter e cercare anche nei momenti più bui, un lato positivo.
La pandemia ci ha fatto comprendere quanto teniamo agli altri, ci ha reso tutti “eroi per caso”, nel nostro piccolo. Eroi indiretti di qualcun altro, protetto già soltanto per aver rispettato le regole di contenimento del contagio.
Siamo stati costretti a rinunciare alla maggior parte delle nostre attività quotidiane e questo ci ha dato modo di scoprire cosa ci piace davvero, cosa ci fa stare bene davvero. Quante cose siamo stati sollevati di non “dover” più fare? E a quante altre ci siamo appassionati?
Quanti di noi hanno scoperto di essere bravi a fare dolci? Ed alzi la mano chi ha imparato a fare un impasto della pizza che nemmeno la pizzeria!
Ma soprattutto, alzi la mano chi ha recuperato rapporti prima trascurati, sentito più vicino a sé persone lontane che persone che vedeva tutti i giorni o riscoperto qualcuno che gli è mancato come l’aria, magari famigliari che trascuravamo presi dai ritmi frenetici di lavoro e di vita.
Lascerà profonde ferite. Il covid lascerà cicatrici visibili e meno su tutti noi. Ma volete mettere con quel profondo desiderio di amore e condivisione che ci guiderà nelle nostre scelte e nelle nostre azioni, quando tutto sarà finito?
E forse, anche chi prima era arido potrebbe aver trovato dentro sé la voglia di cambiare.
Articolo a cura di Luana Fusco
LEGGI ANCHE:
Leggi anche: https://cercolinfo.it/index.php/2021/03/04/sanremo-2021-il-festival-della-consapevolezza/