Da qualche mese, è diventato di uso comune un neologismo che in genere veniva utilizzato per identificare coloro che, per l’appunto, negavano l’esistenza di determinati fenomeni o accadimenti del passato: i negazionisti.
Si può definire negazionista, dunque, una persona che non crede sia mai accaduto l’Olocausto, una persona che ritiene l’uomo non sia mai stato sulla Luna o, come in tempi più recenti, una persona convinta che il Covid non esista.
Per certi aspetti, i negazionisti sono affini ai complottisti, perché spesso le ragioni del loro “scetticismo storico” si celano dietro presunti e astrusi complotti orditi ai danni del genere umano tutto.
Più in generale, però, negazionisti e complottisti sono persone con troppo tempo libero, incolmabili lacune scolastiche ed un indiscriminato, incontrollato e malgestito accesso alla rete Internet.
Ma cerchiamo di comprendere più a fondo perché mai il signor “Mario Bianchi” dovrebbe sostenere che i campi di concentramento non sono mai esistiti, che i crateri lunari di Armstrong fossero un set cinematografico o che il Covid sia una congiura di “Bigpharma”.
Il perché del Negazionismo
Col tempo e con la trasformazione della maggior parte dei media da fonte di notizie e comunicazione neutrale a diffusori di contenuti politicizzati, superficiali e faziosi – spesso al centro di scandali ed inchieste – una grande porzione di persone ha perso fiducia nei giornali, nei TG, nelle fonti d’informazione ufficiali ed accreditate.
Le notizie si sono tramutate in puro share, in spettacolarizzazione, in spregiudicata diffusione mediatica del dolore dei protagonisti di vicende di cronaca o di dettagli della vita privata di indagati e vittime.
E’ diventato tutto così banale e criticabile, da rendere la notizia nuda e cruda un argomento discutibile. Ma quando mai una notizia di cronaca è stata “opinabile”? Quando mai un delitto è dovuto passare di bocca in bocca di “opinionisti” e presentatori dalla sceneggiata facile?
Ma, soprattutto, in che momento essere opinionista è diventato un lavoro? Non abbiamo forse tutti diritto ad un’opinione? E da qui, la conseguente domanda: che differenza c’è tra opinione ed informazione?
Che differenza c’è tra opinione ed informazione?
Tutta la differenza del mondo.
L’opinione è l’interpretazione di un fatto o la formulazione di un giudizio in corrispondenza di un criterio soggettivo e personale.
L’informazione è libero accesso alla verità attraverso i mezzi che interpretano e formano la pubblica opinione. Con significato più concreto, nell’uso comune, notizia, dato o elemento che consente di avere conoscenza più o meno esatta di fatti, situazioni, modi di essere.
Questa premessa è doverosa, perché il negazionista medio pensa che sia suo “diritto” avere un’opinione tutta sua sui fatti del mondo e sebbene detta così la questione sembrerebbe anche sensata e giusta, in realtà ci sono verità storiche e scientifiche che dobbiamo semplicemente accettare nella loro oggettività indiscutibile ed incontestabile.
Ecco, il negazionista medio mette in discussione l’indiscutibile e ne fa un vanto, convinto di essere furbo come una volpe, e ritenendo tutti coloro che si attengono alla scienza e alla storia, dei burattini vittime del “nuovo ordine mondiale”.
Siamo seri. Il negazionismo è pericoloso ed è quasi una nuova moda, forse un modo per sentirsi ribelli, per sfuggire alla monotonia o alle costrizioni della vita moderna ed illudersi di avere il controllo su qualcosa.
Dopotutto, una delle caratteristiche che accomuna tutti i tipi di negazionisti, dai novellini ai più ostinati è il comportamento che in psicologia è definito oppositivo provocatorio, vale a dire un contegno apertamente polemico, aggressivo, talvolta violento e indisponente.
Ma a chi fanno male davvero i negazionisti?
Francamente credo siano vittime di se stessi, sempre impegnati a cercare il complotto o “la fregatura” dietro ogni notizia, completamente diffidenti verso le istituzioni e i professionisti, incapaci di affidarsi alle competenti cure di un luminare e talvolta nemmeno in grado di riconoscere ed accogliere un parere amico.
Allo stato attuale, però, nel bel mezzo di una emergenza pandemica mondiale, non c’è peggior pericolo di un negazionista, perché dall’alto della sua spocchia, si rende facilmente veicolo del virus. Ed è necessario un salto di qualità, una valutazione coscienziosa.
Oggi non dobbiamo più chiederci se crediamo o no nell’esistenza del Covid 19, nella sua nocività e nell’alto indice di contagio, oggi dobbiamo soltanto decidere se compiere un atto di responsabilità e solidarietà civile oppure no. Se prevenire (cosa che richiede, tra l’altro, uno sforzo davvero minimo) o curare.
Se essere parte della soluzione o parte del problema.
Articolo a cura di Luana Fusco
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