Giovanni D’Avanzo
Ormai per quanto difficile da mandar giù possiamo dire che ci siamo abituati, già, abituati a sentire che la borsa vada in rosso ogni giorno, che ci sono fabbriche che chiudono e lavoratori che scioperano senza speranza, abituati a sentire le solite chiacchiere in tv e sui giornali di politici a dir poco irresponsabili che pur governandoci antepongono la loro pensione (per molti è indispensabile finire il mandato) al rilancio di un paese che economicamente ristagna e che sta progressivamente indietreggiando verso una recessione certa.
Siamo sulla bocca di tutti i maggiori paesi europei e del mondo ma non per le nostre scoperte o per i nostri prestigiosi marchi made in italy, ma per i soliti pettegolezzi notturni di “qualcuno” o per il “dolce far niente” di qualcun altro. Purtroppo non possiamo negarlo finora ci siamo adagiati sull’idea di un Italietta che bene o male è sempre andata avanti, questo perché la nostra mentalità e soprattutto quella del popolo meridionale è profondamente egoistica ma ancor più menefreghista, priva di solidarietà sociale e di larghe vedute che mira al profitto personale ed immediato anziché coltivare valori e alimentare aspettative di un futuro migliore.
Provo un forte senso del pudore nel pensare a come veniamo visti dagli stranieri sebbene non siam emigranti. Non ci stiamo rendendo conto che non solo lo Stato esiste soltanto per mantenere una burocrazia del tutto deficitaria ma bensì non ha strumenti intellettuali né finanziari per rilanciare un sistema economico nazionale che garantisce larghi profitti a pochi e in maniera distorta penalizza fortemente le aziende basate sul capitale umano.
Non abbiamo fatto nulla per modificare un sistema finanziario che è composto da mercati che sembrerebbero regolamentati ma che in realtà governano speculativamente le sorti dei patrimoni di milioni di noncuranti risparmiatori che si sono visti bruciare in pochi mesi oltre il 30% del valore dei titoli di stato in portafoglio per non parlare dei titoli azionari, un sistema bancario fortemente concorrenziale e poco trasparente che spinge sempre più verso un’alta diffidenza e che oggi con la svalutazione subita nei propri attivi di bilancio è costretto silenziosamente a ritirarsi dal mercato degli impieghi privando le aziende anche le più idonee del supporto finanziario necessario per sopravvivere sul mercato.
Ormai siamo dinanzi ad un vortice pericoloso che sta risucchiando un po’ alla volta tutto quanto di buono esisteva nel nostro amato paese. Spero che qualcuno di coloro che ne ha il potere si svegli presto una mattina e con la massima razionalità adotti delle scelte consapevoli che potranno non dico rilanciare il Paese ma porre le basi per una faticosa risalita.
Oggi non possiamo non affrontare seriamente il tema della “patrimoniale secca” che come per la “Eurontax” di Prodi garantirebbe una consistente diminuzione del debito pubblico unitamente ad una riforma delle pensioni più adeguata alle aspettative di vita e alla media europea per non parlare della necessaria e concreta riduzione della spesa per il sistema parlamentare e una nuova e rilanciante riforma del mercato del lavoro.
Le banche devono essere messe nelle condizioni di tornare a diventare il polmone dell’economia attraverso la riduzione degli effetti distorsivi e di mero antagonismo che comportano uno scollamento del rapporto con il proprio patrimonio clienti.
Spero che ognuno di noi si svegli davvero e cominci a pensare al bene dell’intero paese che alla fine sarà il bene anche di se stesso.